Viaggio nella remota e vastissima riserva naturale racchiusa tra Irkutsk e Krasnoyarsk, a nord dalla frontiera mongola, regno incontaminato dell’orso bruno, che ha dischiuso i propri tesori a un gruppo di visitatori italiani

Benvenuta, Tofalaria. Risvegliata dal suo lungo letargo in seguito al richiamo del governo russo, col passo lento ma consapevole di quegli stessi orsi che la abitano in perfetta solitudine, la remota e vastissima riserva naturale a est dei Monti Sayan apre gli occhi sul mondo. Per la prima volta dal suo riconoscimento come area protetta, avvenuto nel lontano 1914, confermato nel 1972 ed esteso a una superficie di quasi 1.400 chilometri quadrati (su 22mila complessivi), lo storico territorio degli allevatori di renne Karghasi ha infine dischiuso i suoi tesori a un’avanguardia di visitatori stranieri. E non casualmente, italiani. Fra il 14 e il 23 settembre scorsi, Roberto Canedoli, Stefano Brambilla e Gigi Donelli sono stati invitati dall’operatore VK Sokol/Russia Trekking là dove persino i cittadini russi hanno raramente spinto il passo: il nome di Tofalaria, però, ha preso a rimbalzare di bocca in bocca solo nei giorni scorsi, in occasione della sua presentazione ufficiale all’ultima fiera del turismo di Rimini.

“Godendo di un’autorizzazione esclusiva per presentare alcune delle destinazioni più remote della Federazione russa e selezionare un numero limitato di visitatori ad esse interessati – spiega Ekaterina Repina, executive director di VK Sokol/Russia Trekking -, abbiamo deciso di puntare subito sul pubblico italiano, la cui antica vocazione esploratrice ha lasciato tracce fondamentali anche in Siberia. Il viaggio nella riserva al confine fra le regioni di Irkutsk e Krasnoyarsk, circa 500 chilometri a nord dalla frontiera mongola, implica infatti uno spirito di adattamento non comune, dal momento che non esistono strade per raggiungere il centro della riserva o per muoversi al suo interno, mentre le uniche soluzioni per pernottare sul posto sono soltanto semplici tende, se non qualche storico rifugio in legno dei cacciatori di zibellino e cervo nobile. Due delle specie oggi severamente protette, insieme al vero padrone di queste foreste – l’orso bruno – nel quale ci si imbatte ogniqualvolta se ne seguano le orme in partenza dal “suo” lago. Ozero Medveievo: il Lago degli Orsi, appunto”.

Idilliaco cuore di Tofalaria, che ogni anno torna a scaldarsi fra giugno e settembre, il lago è in realtà solo una delle attrattive imperdibili della riserva: oltre ai cangianti colori e frutti selvatici della taiga, al suo interno rilucono le seconde più alte cascate della Russia, conosciute come il gran balzo di Kinzelyuk (328 metri), mentre il lago Agul ospita oggi uno dei più esclusivi luoghi di riproduzione del cigno. Un vero e proprio santuario per il ripopolamento della fauna siberiana, totalmente incontaminato, al punto che le acque dei laghi e dei fiumi di Tofalaria possono essere bevute senza alcun problema, o venir usate per godersi una banya ristoratrice nell’unico punto attrezzato per visitatori: il campo base in prossimità del Lago degli Orsi, dove si arriva a piedi dal fiume Agul, a cavallo, o con un volo in elicottero militare Mi-8 di circa un’ora e mezza (proveniente dall’altrettanto periferico aeroporto di Nizneudinsk, o da Krasnoyarsk). L’altro punto d’accesso, ma soltanto via fiume, resta il Campo Strelka, ben più a nord e a circa 200 chilometri dalla piccola comunità di Antichi Credenti Ortodossi di Nova Marishka.

“Il fascino di questa regione di appena 700 abitanti – evidenzia Roberto Canedoli, collaboratore per parte italiana di VK Sokol/Russia Trekking -, è inestricabilmente legato agli allevatori di renne di etnia karghas, per la maggior parte raccolti nell’isolatissimo villaggio di Verkhnyaya Gutara. Spinti ad abbandonare le loro attività nomadi per via del divieto statale in epoca sovietica, piano piano sono tornati a prendersi cura dei propri animali, con i quali hanno da sempre un rapporto simbiotico e incentrato su culti di matrice sciamanica. Oggi basano il loro sostentamento sulla raccolta dei prodotti della taiga, come i pinoli del pino cedro, i frutti di bosco, oltre che attraverso la caccia e la pesca. Il loro senso d’ospitalità è fra i più calorosi che abbia mai conosciuto, pervaso da una sensibilità poetica che ha finito per conquistare persino lo storico direttore della riserva: Vladimir Zakharovich Bogatyir, in servizio dal 1972. Un autentico erede di Esenin, capace d’improvvisare potenti versi e lodi alla natura selvaggia, mentre ci si scalda attorno al fuoco la sera, o si è impegnati a discendere un fiume sui tipici idroscivolanti “Piranha” a fondo piatto”.

Ispirandosi alle grandi figure di esploratori siberiani del passato, fra i quali l’Italia annovera nomi di spicco come Giacomo Bove, Luigi Barzini o quello Stefano Sommier al centro di un recente progetto bilaterale dell’Università di Firenze (in virtù dei suoi notevoli studi botanici lungo il fiume Ob e nella regione dei Nenets), aree sino a poco tempo fa interdette sono tornate sull’atlante grazie al lavoro di riscoperta di Russia Trekking: dal leggendario Putorana Plateau in area artica, all’altopiano Ukok delle mummie altaiche, via via arrivando sino al nord della Kamchatka, oggi più che mai la Russia si conferma ultima e vera terra di frontiera.

Alberto CASPANI

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Info russiatrekking.com

Da RBTH – 24/10/2016

Viaggio nella remota e vastissima riserva naturale racchiusa tra Irkutsk e Krasnoyarsk, a nord dalla frontiera mongola, regno incontaminato dell’orso bruno, che ha dischiuso i propri tesori a un gruppo di visitatori italiani

Benvenuta, Tofalaria. Risvegliata dal suo lungo letargo in seguito al richiamo del governo russo, col passo lento ma consapevole di quegli stessi orsi che la abitano in perfetta solitudine, la remota e vastissima riserva naturale a est dei Monti Sayan apre gli occhi sul mondo. Per la prima volta dal suo riconoscimento come area protetta, avvenuto nel lontano 1914, confermato nel 1972 ed esteso a una superficie di quasi 1.400 chilometri quadrati (su 22mila complessivi), lo storico territorio degli allevatori di renne Karghasi ha infine dischiuso i suoi tesori a un’avanguardia di visitatori stranieri. E non casualmente, italiani. Fra il 14 e il 23 settembre scorsi, Roberto Canedoli, Stefano Brambilla e Gigi Donelli sono stati invitati dall’operatore VK Sokol/Russia Trekking là dove persino i cittadini russi hanno raramente spinto il passo: il nome di Tofalaria, però, ha preso a rimbalzare di bocca in bocca solo nei giorni scorsi, in occasione della sua presentazione ufficiale all’ultima fiera del turismo di Rimini.

“Godendo di un’autorizzazione esclusiva per presentare alcune delle destinazioni più remote della Federazione russa e selezionare un numero limitato di visitatori ad esse interessati – spiega Ekaterina Repina, executive director di VK Sokol/Russia Trekking -, abbiamo deciso di puntare subito sul pubblico italiano, la cui antica vocazione esploratrice ha lasciato tracce fondamentali anche in Siberia. Il viaggio nella riserva al confine fra le regioni di Irkutsk e Krasnoyarsk, circa 500 chilometri a nord dalla frontiera mongola, implica infatti uno spirito di adattamento non comune, dal momento che non esistono strade per raggiungere il centro della riserva o per muoversi al suo interno, mentre le uniche soluzioni per pernottare sul posto sono soltanto semplici tende, se non qualche storico rifugio in legno dei cacciatori di zibellino e cervo nobile. Due delle specie oggi severamente protette, insieme al vero padrone di queste foreste – l’orso bruno – nel quale ci si imbatte ogniqualvolta se ne seguano le orme in partenza dal “suo” lago. Ozero Medveievo: il Lago degli Orsi, appunto”.

Idilliaco cuore di Tofalaria, che ogni anno torna a scaldarsi fra giugno e settembre, il lago è in realtà solo una delle attrattive imperdibili della riserva: oltre ai cangianti colori e frutti selvatici della taiga, al suo interno rilucono le seconde più alte cascate della Russia, conosciute come il gran balzo di Kinzelyuk (328 metri), mentre il lago Agul ospita oggi uno dei più esclusivi luoghi di riproduzione del cigno. Un vero e proprio santuario per il ripopolamento della fauna siberiana, totalmente incontaminato, al punto che le acque dei laghi e dei fiumi di Tofalaria possono essere bevute senza alcun problema, o venir usate per godersi una banya ristoratrice nell’unico punto attrezzato per visitatori: il campo base in prossimità del Lago degli Orsi, dove si arriva a piedi dal fiume Agul, a cavallo, o con un volo in elicottero militare Mi-8 di circa un’ora e mezza (proveniente dall’altrettanto periferico aeroporto di Nizneudinsk, o da Krasnoyarsk). L’altro punto d’accesso, ma soltanto via fiume, resta il Campo Strelka, ben più a nord e a circa 200 chilometri dalla piccola comunità di Antichi Credenti Ortodossi di Nova Marishka.

“Il fascino di questa regione di appena 700 abitanti – evidenzia Roberto Canedoli, collaboratore per parte italiana di VK Sokol/Russia Trekking -, è inestricabilmente legato agli allevatori di renne di etnia karghas, per la maggior parte raccolti nell’isolatissimo villaggio di Verkhnyaya Gutara. Spinti ad abbandonare le loro attività nomadi per via del divieto statale in epoca sovietica, piano piano sono tornati a prendersi cura dei propri animali, con i quali hanno da sempre un rapporto simbiotico e incentrato su culti di matrice sciamanica. Oggi basano il loro sostentamento sulla raccolta dei prodotti della taiga, come i pinoli del pino cedro, i frutti di bosco, oltre che attraverso la caccia e la pesca. Il loro senso d’ospitalità è fra i più calorosi che abbia mai conosciuto, pervaso da una sensibilità poetica che ha finito per conquistare persino lo storico direttore della riserva: Vladimir Zakharovich Bogatyir, in servizio dal 1972. Un autentico erede di Esenin, capace d’improvvisare potenti versi e lodi alla natura selvaggia, mentre ci si scalda attorno al fuoco la sera, o si è impegnati a discendere un fiume sui tipici idroscivolanti “Piranha” a fondo piatto”.

Ispirandosi alle grandi figure di esploratori siberiani del passato, fra i quali l’Italia annovera nomi di spicco come Giacomo Bove, Luigi Barzini o quello Stefano Sommier al centro di un recente progetto bilaterale dell’Università di Firenze (in virtù dei suoi notevoli studi botanici lungo il fiume Ob e nella regione dei Nenets), aree sino a poco tempo fa interdette sono tornate sull’atlante grazie al lavoro di riscoperta di Russia Trekking: dal leggendario Putorana Plateau in area artica, all’altopiano Ukok delle mummie altaiche, via via arrivando sino al nord della Kamchatka, oggi più che mai la Russia si conferma ultima e vera terra di frontiera.

Alberto CASPANI

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Da RBTH – 24/10/2016